[...] Tra i tanti esempi di battaglie inutili e disgraziate - ingaggiate nelle peggiori condizioni e scegliendo le strategie più controproducenti - combattuto dallo stesso manageriato globale che ama citare Sunzi, spicca la "lotta alla pirateria musicale", che spesso è stata una guerra contro Internet tout court e, soprattutto, contro il pubblico. E' ormai parere diffuso che tale offensiva - in corso da quasi un decennio - si stia concludendo col suicidio dell'industria discografica.
Anziché fluire da monte a valle, aprirsi, innovare, intercettare in modo creativo prassi che si andavano diffondendo a macchia d'olio (la masterizzazione domestica di cd, lo scambio di file nelle reti peer-to-peer), i discografici hanno scelto la battaglia in campo aperto... contro i propri clienti.
Repressione, minacce, denunce, tecnologie anti-copia, tasse su cd vergini e masterizzatori, lobbying per ottenere inasprimenti legislativi; i ras del disco hanno fatto il possibile per ottenere l'odio del pubblico, del consumatore di musica. Oggi sono visti come villains, gabellieri, parassiti, le loro prese di posizione sono accolte come l'arrivo dello Sceriffo di Nottingham alla festa di compleanno dei coniglietti.
"Cavalcando l'onda", rinunciando a parte dei profitti facili e a breve termine garantiti fin lì dal monopolio delle tecnologie, le major della musica avrebbero certamente limitato i danni, e forse a quest'ora avrebbero quadrato il cerchio di una "riconversione". La vittoria perfetta si ottiene evitando lo scontro. Soprattutto se il nemico è elusivo, inquantificabile, abile nell'usare strategie, e se si muove a proprio agio in un territorio ancora non mappato e in costante mutamento. E a maggior ragione se quel "nemico", in realtà, è il soggetto da cui dipendi e che ti tiene in vita. Che senso ha minacciare e querelare una persona per poi, dopo un istante, blandirla affinché compri il tuo prodotto? E' più plausibile che il minacciato si convinca della necessità di boicottarti, o addirittura sabotarti. (L'immagine è fin troppo consueta, ma non possiamo fare a meno di usarla: segare il ramo su cui si è seduti).
Gli spazi che le major non hanno occupato sono oggi colonizzati da altri soggetti, come MySpace e altri social network, e la gente continua a scambiarsi musica in rete. Il cd è considerato un supporto moribondo, il consumo di musica è sempre meno incentrato sull'acquisto di un prodotto discografico, e sempre più sull'interazione tra fruizione in rete ed esecuzione del vivo. Interazione su cui le major non hanno investito, preferendo la repressione.
Eppure, che quella strategia fosse sbagliata e autolesionista era chiaro dal momento in cui le major fecero chiudere il primo Napster (2000). Gli osservatori più attenti - nel cui novero immodestamente ci poniamo - lo fecero notare subito e senza indugi.
Il fatto che quei manager si siano lanciati a capofitto in un'impresa tanto squinternata e infausta è la riprova che Sunzi non l'hanno letto, e se l'hanno letto non l'hanno capito. [...]
Dalla premessa di Wu Ming per l'Arte della guerra di Sun Tzu. Ed. Newton Compton Editori, cura e traduzione di Riccardo Fracasso.
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